La storia di Rotondella affonda le radici in u passato lontano e questo contribuisce al fascino del borgo. Al periodo del Neolitico risalgono reperti che testimoniano che sul territorio del borgo erano presenti villaggi che erano sotto l’influenza di Siris ed Heraclea per la sua strategica posizione geografica. Fino al ‘500 Rotondella non è stata molto popolata, sebbene in precedenza, nella località Trisaia si stabilirono alcuni villaggi come quello di Santa Laura e Santa Lucia e nel 1216 veniva già denominata come Rotunda Maris, come risulta peraltro da alcuni registri dei Baroni. La vera storia di Rotondella inizia però nel ‘500, quando Roberto Sanseverino ottenne la proprietà dei feudi “Trisaya, Caramola e Rotunna”. Più tardi, il principe di Salerno, Ferrante Sanseverino, a difesa del territorio ampio, costruì una fortificazione, conosciuta come il castello e del quale attualmente resta solo quella che è conosciuta come la Torre del Carcere. L’inizio della storia del borgo, come centro urbano stabilmente popolato, viene collocato nel 1515, come è evidenziato nei documenti di don Francesco Antonio Stigliano ed il libro Della Calabria illustrata del monaco Fiore. Circa venti anni dopo, Rotunda fu ceduta a Astorgio Agnese, al quale si deve lo sviluppo dell’insediamento, compreso il ripopolamento della zona Trisaia con i villaggi di Santa Laura e di santa Lucia. Nel 1580 fu costruita la chiesa della Madonna delle Grazie: si tratta di una testimonianza importante dell’incremento della popolazione.
Negli ultimi anni del ‘500, i turchi invasero l’area, compresa Rotondella, portando con sé numerosi prigionieri di guerra, ma più ritornati nella loro terra natale. Un massiccio aumento della popolazione avvenne nei primi anni del ‘600, quando la popolazione delle terre vicine si rifugiò a Rotondella, non intaccata dalla malaria. Nel 1628, Rotondella fu venduta da Astorgio Agnese alla famiglia Carafa. Nel 1638 un terremoto suscitò la carità di un altro Astorgio Agnese, il quale fece erigere il Monastero francescano dedicato a S. Antonio da Padova. Ad Astorgio Agnese si deve la costruzione di Palazzo Rondinelli, al cui ingresso è presente lo stemma della famiglia, oltre che quello dei Piscitelli (famiglia della sua consorte). Nel 1638 il feudo di rotondella passò dai Carafa al Barone Don Girolamo Calà dei Lanzina y Ulloa, sotto il cui dominio ci fu uno sviluppo dell’agricoltura.
Già dalla prima metà del Seicento, per volontà dei Doria, nuove attività erano state intraprese da coloro che abitavano il Casale di S. Laura, ai quali andava il merito di aver dissodato i terreni limitrofi e di aver messo a colture le terre. Dal 1680 la popolazione cominciò a crescere in numero considerevole e l’agricoltura e la lavorazione del cotone non erano più sufficienti e per questo la semina iniziò ad allargarsi su terreni esterni: Trisaia, Policoro e Bollita, ricche di acqua. Nel ‘700 l’agricoltura continuò ad essere la finte principale di reddito e nacquero le prime aziende agricole della borghesia. Questo sviluppo portò a lotte per la supremazia tra le famiglie.
L’Ottocento è stato un secolo in cui le sorti del Regno di Napoli, ebbero ripercussioni anche su Rotondella. Inoltre Rotondella, vicina al Bosco di Policoro in cui si rifugiavano i briganti, è stata oggetto di saccheggi. In particolare, la notte del 30 agosto 1807 è tristemente ricordata per essere stata testimone di saccheggi, stupri e violenze di ogni genere da parte della banda di don Nicola Pagnotta. Questo indusse la popolazione a fortificare l’entrata nel borgo, sorvegliata da quattro porte che venivano chiuse all’imbrunire. che fece irruzione nel paese. Allo scopo di difendersi da altre eventuali scorrerie furono in seguito chiusi i vicoli che davano nelle campagne, utilizzando come mura di cinta del paese i muri esterni delle case periferiche. Il brigantaggio cessò ad opera del Generale Carlo Antonio Manhés, il quale impose un periodo di sacrifici e ristrettezze. In questo periodo Rotondella apparteneva al Distretto di Lagonegro e divenne capoluogo circondario di Rocca Imperiale, Favale (attuale Valsinni), Colobraro e Tursi. E’ bene ricordare che durante il periodo napoleonico, fu dettata la chiusura dei conventi, compreso quello di Sant’Antonio da Padova, successivamente riaperto nel 1817 dai Borboni e chiuso definitivamente nel 1866 per trasformarsi in sede delle prigioni. Nel contempo, fu soppressa la feudalità e ci fu una crisi economica, aggravata dal malcontento suscitato dalle misure punitive usate da Ferdinando IV. Questo contribuì comunque a rifondare i catasto ad opera di Giuseppe Mele, il quale subì un attacco di briganti e la documentazione relativa alla fondiaria andò persa. In questo periodo il Governo francese voleva creare una consolidata classe borghese, ma questo lasciva in secondo piano la classe più consistente, ovvero quella contadina. Furono fissate le nuove imposte: sulle farine, sulla carne, sul vino (che però non grava sui poveri, in quanto non avevano la possibilità di acquistarlo). La tassa che più colpì la popolazione ed i poveri, fu quella sul macinato e questo spinse molti cittadini a lasciare il borgo . Nel 1814 la caduta del Sindaco generò una situazione instabile durante la quale molti braccianti occuparono delle terre. La situazione generò e contrapposizioni tra partiti: gli Albisinni contro Fortunato-Mele-Ricciardulli. In questi stessi anni anche l’economia era in difficoltà: a causa della crisi del commercio, il prezzo del cotone era calato insieme a quello del grano. Dal luglio 1816 si aggiunse anche una grande epidemia che mieté molte vittime, specie nell’anno seguente.
Fu il periodo della Carboneria: a Rotondella ci fosse un’attiva partecipazione politica non solo da parte dei gruppi di media e piccola borghesia, ma anche delle masse popolari, spinte dal malessere e dalla miseria e questo fu acuito con la nuova Costituzione di Ferdinando II. Inoltre in questi anni maturò anche l’inizio di un primo distacco dalla monarchia a favore della Repubblica ed un fermento alla vigilia dell’Unità d’Italia che vedeva contrapposti nobili-borghesi ed il resto della popolazione.
Rotondella è caratterizzata da un importante patrimonio religioso, mediante la presenza di chiese antiche che custodiscono opere di grande importanza. Inoltre i luoghi sacri, rappresentano la devozione e la fede che caratterizza la cultura del luogo e che si respira per le strade del borgo , soprattutto in prossimità delle celebrazioni importanti o dei festeggiamenti in onore di alcuni Santi.
La Cappella dedicata a San Rocco, festeggiato in Agosto, si presenta semplice dal punto di vista stilistico. Colpisce la devozione percepita entrando in questo luogo di culto raccolto e che richiama la fede più profonda. La chiesa è ubicata peraltro in una delle zone più belle di Rotondella, ovvero l’affaccio di Belvedere, che offre una vista mozzafiato in Piazza della Repubblica.
All’ingresso conserva una pregevole acquasantiera in pietra con un serpente, simbolo del peccato originale, scolpito sul fondo della vaschetta contenente l’acqua santa. Sulla destra si ammirano le settecentesche statue lignee di San Leonardo e Sant’Antonio mentre sulla sinistra sono alloggiate le sculture in legno policromo di Santa Filomena e dell’Immacolata risalenti al ‘700 e quella risalte al secolo precedente di Santa Maria delle Grazie.
Nella parte più vecchia e storica del borgo è situata la Chiesa dell’Annunziata, costruita nel XVII. E’ plausibile pensare che si tratti del luogo di culto più antico del paese, ubicata peraltro nella parte del borgo in cui è nato il primo nucleo abitativo. La Chiesa presenta una facciata architettonicamente semplice, in quanto caratterizzata da una forma a capanna. L’unica ala p caratterizzata da un tetto in legno.
La chiesa, durante le ristrutturazioni della Chiesa Madre, ha ospitato nel tempo molte funzioni importanti.
Nel 1650, Astorgio Agnese, ultimo della dinastia, ordinò l’inizio dei lavori della chiesa e del Convento in onore di Sant’Antonio da Padova. I lavori furono ultimati nel 1661, e fu affissa un’epigrafe sul portale della Chiesa, tuttora presente, che riporta il nome di colui che ha voluto fortemente erigere la struttura. Il Convento, rappresenta l’ultimo dei monasteri francescani costruiti in Basilicata e fu soppresso ne XIX secolo. Oggi il Convento ha mantenuto solo l’ala del porticato, sebbene la chiesa sia rimasta a disposizione dei fedeli. Dal punto di vista architettonico e stilistico, la chiesa è contraddistinta da un’impronta barocca e con decorazioni pregevoli in stucco. L’altare è in marmo policromo e all’interno è possibile notare una cantoria ed un organo di epoca seicentesca. Nelle sei edicole della Chiesa sono presenti diverse statue in legno del XVIII secolo.
La Cappella è dedicata alla Madonna del Carmine e in alcuni scritti del ‘700 veniva citata come Cappella dell’Anima del Purgatorio. Con estrema probabilità fu costruita agli inizi del ‘700 ad opera delle famiglie Laguardia e Tucci. Nel 2010 la Cappella ed il piazzale antistante sono state oggetto di un’opera di recupero grazie al contributo di privati ed il fondamentale sostegno dell’amministrazione comunale. La Cappella conserva un’antica statua della Madonna del Carmine, di pregevole fattura, restaurata in occasione dei lavori di recupero.
Rotondella è sede di numerosi edifici storici e palazzi nobiliari, che concorrono a rendere unico il patrimonio storico-culturale ed il fascino del borgo. Percorrendo strade e vicoli ci si imbatte infatti in costruzioni che rimandano al passato e che sapientemente recuperate e mantenute in vita ad opera di enti pubblici e di privati, rappresentano un catalizzatore di interesse per il visitatore. E’ possibile citare (Melfi e Ricciardulli, albisinni, Montesano
Il ponte al quale si fa riferimento è il “Ponte Cardinale” non è più presente e ne rimane solo una piccola traccia, in fondo a via Metastasio: rimane solo una cisterna, attualmente usata come dispensa.
Altri Palazzi storici di grande fascino sono Palazzo Albisinni, del 1770, in stile barocco con portali e finestre in pietra lavorata da scalpellini giunti da Rivello e da Padula; Palazzo Ricciardulli, attualmente sede dell’auditorium comunale, è usato per diversi eventi culturali. Imperdibili anche Palazzo Melfi, Montesano e Amati.
La Torre Sanseverino fu costruita nel 1518 dal Principe di Salerno, Ferrante San Severino e intorno alla struttura fu costruito il palazzo baronale, attorno al quale nacque il primo centro abitato, in quanti molti pensavano di poter avere delle possibilità di ottenere piccoli terreni. Del Palazzo Sanseverino resta solo la torre del carcere, in quanto la restante parte è stata abbattuta i primi del ‘900. Nel tempo la proprietà si è avvicendata: dai Sanseverino passò alla famiglia Agnese, poi a quella Ielsi e Carrafa. Nel 1900 questo luogo era sede di un carcere per le pene minori, suddiviso tra l’ala femminile e quella maschile. La funzione di carcere è stata svolta fino a qualche anno fa, Recentemente la torre è stata restaurata e ospita la biblioteca comunale.
Il monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale è caratterizzato da una base a gradini sulla quale sono posizionati due ceri in bronzi con la scritta pax. Inoltre la base è delimitata da una cornice e presenta un cippo in marmo la cui facciata principale presenta l’iscrizione dei nomi dei caduti di guerra. A predominare è sicuramente la statua in bronzo che rappresenta un fante che stringe nella mano destra una granata e a sinistra imbraccia un fucile.